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Oltre al danno, il danno

Ieri sera mentre tentavo di addormentarmi mi tornavano in mente le cose che ho letto in questi giorni circa la cura dell’omosessualità. Mi pare di capire che la “teoria” di Chiara Atzori & Co. (ma anche il sito genitori.it, già citato a suo tempo e ripreso da Woland ieri) sia questa, in soldoni: molti gay sono infelici, noi cerchiamo di aiutarli e spesso questo aiuto consiste nel farli uscire dalla loro condizione.
Porto un passo più avanti il ragionamento, e penso: quando molte donne erano infelici, più infelici di oggi, qualcuno ha tentato di farle diventare maschi? O quando molti neri erano infelici, qualcuno ha pensato a una terapia sbiancante? E oggi che molti arabi sono infelici, qualcuno sta pensando di fargli un lavaggio del cervello? Beh, sì. In effetti è vero, qualcuno ci prova sempre.
E forse qualche sociologo mi potrà aiutare: da un lato c’è un evidente meccanismo di emarginazione, per cui se sei frocio, donna, nero, ebreo, cinese, arabo, lesbica, trans*, eccetera – se appartieni a una di queste eterogenee categorie, cioè se non sei maschio-bianco-eterosessuale-cristianooalmenoconunparentecristiano, allora sei ai margini della società; dall’altro lato, scatta il meccanismo che tenta di riportarti dentro i confini di cui sopra, ma non accettandoti per quello che sei, bensì cercando di trasformarti.
Mi è così tornato in mente il documento con il quale il Glo aveva a suo tempo presentato una rassegna cinematografica dedicata ai freak:

E allora forse il nostro orgoglio lesbico e gay, e il nostro orgoglio comunista, è un orgoglio del limite assoluto. Ed è con questo orgoglio che vi dichiariamo che noi non vogliamo essere normali, perché vogliamo essere freak. Consapevoli che la mostruosità è nello sguardo di chi la vede, noi vogliamo essere mostri trai mostri, per denunciare questo sguardo ogni volta che si riproduce. Noi siamo freak: siamo mostri, fenomeni da baraccone, nani deformi, puttane, drogati, extracomunitari, handicappati, emarginati, ebrei, albanesi, comunisti, transessuali, lesbiche e gay. Noi vogliamo essere la maggior parte delle cose che “la gente” non vuole essere