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Le nostre mille divisioni

Siamo in pochi (tra il 5 e il 10 per cento della popolazione, si dice), in pochissimi facciamo anche solo una piccola cosa a sostegno dei nostri diritti, ancora meno partecipiamo attivamente alla vita politica della nostra comunità. Noi siamo i membri del mondo Glbtq* (gay – lesbico – bisessuale – trans* – queer – whatever). Alcuni di noi (in 10 mila si dice) erano sabato al Pride milanese. Sull’insopportabile classismo di alcuni di noi – che non sopportano quanti a loro avviso ostacolano personalissimi processi di omologazione al modello eterosessuale – ha già magistralmente scritto Aelred quindi non mi ripeterò: io ho colto un segnale importante della nostra ironia e della nostra libertà nel canto collettivo di “siamo donne | oltre le gambe c’è di più” che ha chiuso il corteo, il problema è che non tutti sappiamo essere così ironici e liberi. A parte questo, sul Pride vorrei dire un’altra cosa. Cioè che le donne non c’erano. Cioè c’erano molte donne, ma nessuna sigla del movimento lesbico. Non certo per una dimenticanza, ma per una scelta; dettata, immagino, dall’ennesima lite con gli uomini o – per dirla più chiaramente – con alcuni membri dell’Arcigay milanese, il Cig. Non entro nel merito, perché non ero presente quando i motivi del contendere sono nati, ma ricordo di altre discussioni, in passato, durante le quali mi era capitato spesso di pensare che le donne, le rappresentanti dei movimenti lesbici milanesi, loro avevano ragione. Perché in fondo in fondo, ogni tanto anche nella comunità gay viene fuori un po’ di maschilismo. Nascosto a volte nel – secondo me legittimo – fastidio verso l’isolazionismo lesbico, ma comunque non giustificabile. Un maschilismo anche di numeri, che spesso si alimenta nell’osservare che le feste settimanali del Cig sono alla fine l’unico vero, reale, momento di aggregazione della comunità gay milanese. O, almeno, di quella che pesa, in termini numerici. Io ho frequentato spesso il Cig in passato e conosco bene molte persone: le stimo per il lavoro che fanno, e riconosco un impegno straordinario, un impegno che è simile a un lavoro a tempo pieno. Così da un lato devo riconoscere che è un peccato non si riesca a camminare un po’ di più insieme, tutti insieme intendo dire; dall’altro non posso che ammettere che anche il Pride di sabato è stato importante, e guai se qualcuno non lo avesse organizzato.