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Milano, meglio stare a casa

Leggo di una crescente dialettica tra locali gay e polizia / Comune di Milano. Una dialettica che parte da via Sammartini (la cosiddetta Gay Street milanese, e ogni città ha quello che si merita) e arriva in via Melzo, dove c’è Lelephant.
Leggo, oramai con divertimento, che il Giornale racconta:

Fino a l’altro ieri il «modello Sammartini» era uno solo. Mercimonio di corpi a tutte le ore. Tanto che qualcuno ha attaccato ai muri una targa: «Gay street». Chiaro il messaggio. Dentro le case, sfruttamento spietato della prostituzione, protetto tra i corridoi e nelle stanze dei tanti «palazzi dell’amore». […]

Chiaro il messggio, no? Chiarissimo, sì. Chiaro anche il rapporto della Polizia, che parla di

luoghi di ritrovo di soggetti dalla chiara tendenza omosessuale

Ma a parte tutto ciò, io direi: via Sammartini è tremenda, dobbiamo difendere la libertà di frequentare i locali che vogliamo e poi però pensare a raderla al suolo e andare da qualche altra parte (accenno solo al fatto che in altre città del mondo ci sono Castro, Chueca, Marais, eccetera); Lelephant è il mio modello di locale glbt*: ha i vetri sulla strada, trasparenti, non se la tira, pubblico eterogeneo che più eterogeneo non si può.

Il messaggio che se ne ricava è: ragazzi, state a casa. A casa vostra fate quello che volete, ma non fatevi vedere troppo in giro. Proprio il messaggio peggiore. La casa che in questo caso è il ghetto per antonomasia.