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Dalla parte dei più forti

L’altra mattina, nel corso della consueta partitella di calcio domenicale, mi è capitata una cosa incredibile. Pochi minuti dopo l’inizio del match hanno deciso di spostarmi dalla squadra più forte a quella più debole, allo scopo di rinforzarla. Fino a oggi mi è sempre capitato il contrario: “siamo troppo forti, dateci Marco che noi vi diamo Mariolino”, dove Mariolino è naturalmente uno fortissimo.
Ho pensato: forse dovrei smettere. Ma davvero. Perché oramai ho raggiunto il traguardo che mi ero prefissato. Non è solo un gioco o una cosa un po’ sciocca, come sembra. Ho iniziato a giocare a calcio quando di solito molti smettono, sulla soglia dei trentanni e, naturalmente, sono stato a lungo inguardabile. Diciamo pure: totalmente negato. Così, per “imparare”, ho fatto cose delle quali ancora mi stupisco, tipo andare ad allenarmi tre volte alla settimana con una vera squadra che giocava in Promozione – o qualcosa del genere, in un posto sperduto lontanissimo dall’ufficio e a orari improbabili; oppure giocare praticamente tutte le sere, infilandomi in qualsiasi gruppo o gruppetto o torneo.
Dopo 4 o 5 anni sono passato dalla categoria inguardabili a quella degli scarsi-che-però-corrono e ho capito che avrei dovuto puntare su quello, sulla corsa. E quindi: ho corso. Lo devo dire, sono stato facilitato anche dalla diffusione del calcio fatto di movimento senza palla: per me che la controllo a fatica, la palla, una vera manna dal cielo.
Insomma, sto correndo da quindici anni e adesso in qualche modo ho visto materializzato il traguardo: yes I can. Ripensandoci, perché dovrei smettere proprio adesso che inizia il bello?