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Lost in Lisbona

Quelli della Tap stanno molto al telefono. Ai banchi del check-in, al gate, agli sportelli informazioni, sono lì dietro al terminale, digitano qualcosa sulla tastiera e poi prendono in mano il telefono e a quel punto capisci che la situazione diventa seria.
Arriviamo all’imbarco del volo per Sao Paulo dopo un’oretta passata tentando di cambiare i nostri posti sull’aereo, senza successo. Posti che, peraltro, scopriamo essere diversi da quelli che ci avevano assegnato al check-in di Milano, a loro volta ancora diversi da quelli del web check-in fatto la notte precedente. Io sono evidentemente sotto l’effetto Marrakech perché la cosa non mi turba più di tanto.

Arriviamo dunque all’imbarco quando all’apertura del gate mancano pochi minuti. Poco dopo arrivano due giovani addette della Tap, si piazzano dietro ai banchi e tutto fa pensare che stiano per annunciare il now boarding. Prendono in mano il microfono, dicono qualcosa in portoghese e scatta l’urlo dei 300 in attesa. Urlo, urla, il parapiglia. Diciamo che non c’è bisogno di sapere la lingua per capire che sono cazzi e quel cancelao (o qualcosa del genere) vuol dire proprio cancellato. Oh, Marrakech comanda ancora: amen, penso.

Poi spiegano che il volo non parte per mancanza di personale e partirà l’indomani mattina alle 8: ci immaginiamo hostess impegnate nel cenone natalizio e augurando un attacco di diarrea consideriamo che tutto sommato si tratta di 8 ore di ritardo. Una seccatura, non un dramma.

La pensa però diversamente una giovane brasiliana, via di mezzo tra Madonna e la Marini, che si fa prendere da una crisetta di nervi. Spiace davvero non conoscere le lingue in queste circostanze perché ci si perde il contenuto profondo di sceneggiate tipo quella che inizia al gate 43, comunque per capire come va a finire non serve il portoghese: la ragazza bionda insegue l’addetta della Tap e le rifila un calcione nel sedere. Io faccio un tentativo di maniera per trattenere la hostess che a quel punto tenta di reagire, poi la lascio subito libera: chi sono io per interrompere un momento del genere? L’aggredita inizia a piangere, a sua volta presa da una crisi di nervi, mentre scopriamo poi che il problema della bionda era dove far fare la pipì al cane. Vabbè.

Nel frattempo l’altra hostess grida “seguitemi, vi guido al pullman che vi porterà in albergo”. E 300 persone si muovono come un serpentone nei corridoi dell’aeroporto di Lisbona, deserto. Peccato che la ragazza abbia il passo spedito (o forse sia preoccupata per il proprio fondoschiena) e che dopo poco sparisca: il serpentone diventa tanti serpentini che vanno in direzioni diverse. Ci ritroviamo dopo mezz’ora al banco informazioni della Tap, inutile dire che sono tutti al telefono. Compare un’altra ragazza un po’ scocciata “cosa fate qui, dovevate andare al pullman!”. La seguiamo quasi tenendola per mano. Quando si apre la porta scopriamo che diluvia e c’è un vento gelido: 300 persone e le loro ciabattine da estate brasiliana iniziano ad accusare il colpo.

Saliamo sul pullman, si parte. Pianifichiamo un giro a Lisbona by night. Arriviamo davanti all’hotel Roma, scendiamo e facciamo il nostro trionfale ingresso nella hall: mentre ci dirigiamo verso la reception notiamo che ci guardano con aria prima incuriosita e poi preoccupata. Chi sono questi 100 qui? Ve la faccio breve: ci avevano portato nell’albergo sbagliato. Fuori l’autista del pullman parla al cellulare e non si capisce se abbia fatto casino lui o chi, e nel frattempo nessuna traccia di addetti della Tap. Risaliamo, si riparte.

Arriviamo all’albergo giusto, dove nel frattempo erano stati portati subito gli altri 2 pullman, risultato: 300 persone in coda. Arriviamo giusto in tempo per sentire altre urla. No, no, no – dice uno. In effetti vediamo che la coda non procede, nessuna camera viene assegnata. “Vogliono essere pagati, chiamate la polizia”. Oh, qualcuno la chiama davvero. Oh, arriva la Polizia sul serio.

Le cose però stavano in modo un po’ diverso, il povero direttore dell’albergo – informato del nostro arrivo quando era sulla porta per andare al cenone, col suo bolo de rei sotto il braccio – ci spiega che lui ha bisogno solo di una garanzia, una carta di credito o un deposito di 50 euro. Non sto nemmeno a pormi il problema della correttezza dell’operazione, sfodero l’Amex e dopo un secondo siamo in camera.

“Andiamo a mangiare qualcosa?” Scendiamo, nella hall c’è sempre il parapiglia e la Polizia. Il ristorante ci chiude la porta in faccia, è mezzanotte. Chiediamo a un ragazzo dell’albergo e capiamo che la notte di Natale a Lisbona non troveremo nulla di aperto.

Poco dopo siamo su un taxi, direzione tangenziale, alla ricerca di un McDonald’s. Il Natale che volevo: alternativo. Chiuso pure quello, ripieghiamo sul bar della stazione di servizio, prendiamo panini e generi di conforto da mangiare in albergo, col taxi fuori che ci aspetta. Incredibile, arriviamo quando stanno scaricando un altro pullman di gente evidentemente dispersa tra aeroporto e altri hotel, che quindi è in giro da almeno un paio d’ore.

Alle 4 del mattino ci telefonano in camera: il pullman per l’aeroporto partirà alle 5:30. Scendiamo puntuali, ma il primo mezzo viene riempito da quelli che hanno bivaccato nella hall, non avendo voluto dare il deposito per la camera. Quando arriviamo in aeroporto scopriamo che al check-in del nostro volo c’è tutta Lisbona in coda, perché in pratica devono far stare i passeggeri di due voli su un solo apparecchio. Molti vengono messi in lista d’attesa, ed è chiaro che noi due con prenotazioni singole, senza coincidenze a Sao Paulo, siamo un facile bersaglio. Stavolta ci salva la tecnologia, perché ci buttiamo sul totem del self check-in e, incredibile, ce la facciamo.

Lasciamo i 500 al loro destino e facciamo colazione in una dependance di Harrods all’interno dell’aeroporto di Lisbona.

Al gate 43 la tensione è palpabile, ogni singolo sguardo delle addette è analizzato nel dettaglio e quando a un certo punto una prende in mano non uno, ma due telefoni iniziamo a pianificare la vacanza a Lisbona. Invece no, con solo un’altra ora di ritardo il volo parte. Vi scrivo dal cielo (letteralmente, eh?) e penso atterreremo alle 16:30 invece che alle 7:30, poteva andare peggio.

Update: just landed, caldo, umido, brasiliani bellissimi