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Quell’indimenticabile primavera di Milano del 2011


Lunedì 30 maggio in piazza dei Mercanti (perché da quella piazza si passa sempre), mentre cerco di fare ordine tra le emozioni di un pomeriggio incredibile. Anch’io sembro poco credibile, ma la forza della campagna di Pisapia è stata anche la leggerezza, l’ironia, la capacità di non prendersi troppo sul serio anche quando si fanno cose serissime.

Durante le settimane della campagna elettorale di Giuliano Pisapia ho provato a raccontare che cosa vedevo, che cosa mi sembrava stesse succedendo, che cosa succedeva effettivamente, accorgendomi poi che erano in realtà le mie impressioni sulla gente di Milano in quel periodo e poi su Milano in generale. Insomma, non sapevo mai da che parte incominciare.

Da settembre, dalla fine dell’estate del 2010 era chiaro che qualcosa stava cambiando. Per me era la bicicletta e quel senso di tribù e appartenenza, per altri erano la partecipazione e la musica, per altri ancora cose diverse, ma nell’aria a Milano c’era qualcosa di nuovo. Sensazioni, emozioni, momenti che hanno attraverso l’autunno e l’inverno, saltando fuori qua e là, per poi esplodere in primavera.

I milanesi si sono ripresi la città e hanno chiuso tre capitoli tragici in un colpo solo: gli anni di piombo, la Milano da bere e tangentopoli. Tre fasi diversissime della storia di questa città, almeno un paio di generazioni coinvolte, le stesse che sono state in giro durante la campagna. Un sacco di gente che per ragioni diverse aveva dei conti in sospeso con questo posto: Pisapia ha messo tutti d’accordo perché ha fatto vedere e raccontato la Milano che sarà. Perché ha chiuso con il passato.

Libera, libera, libera Milano / oh Giuliano libera Milano

Il senso di liberazione che si respirava fortissimo il giorno dell’elezione in piazza del Duomo secondo me non raccontava della liberazione dalla Moratti o da De Corato, ma proprio della liberazione da quelle tre fasi della città e non è un caso che le persone della mia età o un po’ più vecchie fossero le più euforiche e sinceramente emozionate: chi ha vissuto gli anni settanta, ottanta e novanta è arrivato all’appuntamento di quel lunedì con un peso quasi insostenibile. La cosa meravigliosa, adesso, è poter guardare avanti, al futuro.

Però è un futuro sul quale resterà sempre l’impronta di questa primavera. Sono state settimane irripetibili, piene di incontri, appuntamenti, momenti: uscivi di casa e sapevi che comunque da qualche parte in città stava per succedere qualcosa, di grande o di piccolo, ma qualcosa che diventava un’occasione per stare insieme ad altri. La città, le biciclette, la gente in bicicletta, la mia bellissima tribù, Giorgio Gaber – le sue canzoni sono state la mia colonna sonora:

  • la libertà non è uno spazio libero / libertà è partecipazione
  • c’è solo la strada su cui puoi contare / la strada è l’unica salvezza

E poi le fotografie di quei giorni: il concertone alla stazione e Vecchioni in Duomo, corso Buenos Aires chiuso al traffico la notte del primo turno e poi quella straordinaria biciclettata e il doppio arcobaleno di venerdì 27. Sembra quasi ci sia stata una regia, come se tutto, ma proprio tutto indicasse un momento speciale. E la primavera che non era così primavera da secoli e la gente che parla di politica ovunque e le signore di Sissi e i ragazzi del Leonka, insieme.

Che bella Milano, di notte. E chi aveva voglia di tornare a casa?

E poi gli aggettivi: emozionante, magica, bella, bellissima, speciale. Ma quando mai abbiamo sentito (e attribuito) aggettivi così a Milano?

È stato un maggio indimenticabile per me, pieno di cose arancioni in giro per la città, piena di pedalate notturne, pieno di musica e di sorrisi. Concluso con una notte che non posso raccontare perché non trovo le parole: non ho visto gente così felice nemmeno l’anno scorso dopo che l’Inter aveva vinto la Champions.