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Usa 2011: il viaggio dei luoghi abbandonati e delle persone gentili


Trenta giorni di viaggio in una (sola) foto: io ho scelto questa. La bottiglia d’acqua e lo zaino hanno accompagnato anche me tutti i giorni tutto il giorno e tutte le notti; lo skate per quel modo di essere tribù che ho trovato in tante città e per i giovani americani quasi indisciplinati con molti tattoo e non molti piercing e perché lo skate e le bici ecco; Venice Beach (dove è stata scattata) perché quelle di Los Angeles restano le spiagge più belle; sneakers shorts e tutta l’informalità di questo Paese; il bianco e nero perché questo è stato anche il viaggio del ricordo; quelle mani che parlano perché qui si parla un sacco e con tutti; la solitudine.

Visto che qualcuno me lo ha chiesto: no, non mi sono divertito. Non è stato un viaggio divertente, è stato un viaggio molto bello e pieno di cose. Ho visto così tante città, luoghi, persone, alberghi, strade, motel, negozi, tramonti da rimanerne a volte stordito e adesso faccio fatica a mettere tutto a fuoco. Dall’umidità afosa insopportabile del midwest a quella marina appena più leggera di Miami: in mezzo, migliaia di miglia e tante cose scritte qui, su pezzi di carta, su Twitter, sul mio quaderno di viaggio, sull’iPhone, negli appunti mentali vicino alle fotografie. Mi ci vorrà del tempo. Però provo a fare un riassunto, intanto, per numeri:

  • 1 iPhone: compagno magico di viaggio, indispensabile non dice tutto
  • 2 parti: automobile sulla Route 66 da Chicago a Los Angeles prima, un aereo, di nuovo in macchina da Austin a Miami poi
  • 13 stati: Illinois, Missouri, Oklahoma, Kansas, Texas, New Mexico, Arizona, Nevada, California, (Texas), Louisiana, Alabama, Mississippi, Florida
  • 1 orrenda notizia dall’Italia: un abbraccio e carpe diem, “quello che ci siamo sempre detti”
  • 4.791 miglia: 2.903 nella prima parte, 1.888 nella seconda (7.700 chilometri in tutto)
  • 1 numero di telefono: (312) 404-6486
  • 3 mari: Oceano Pacifico, Golfo del Messico, Oceano Atlantico
  • 15 alberghi: molti (squallidi) Motel (6), 2 hotel fighi ad Austin e Miami Beach
  • 165 galloni di benzina: prezzo medio 3,64311 dollari al gallone
  • 1 hashtag: #usa2011 e viva Twitter
  • 6 grandi città: Chicago, Las Vegas, Los Angeles, Austin, New Orleans, Miami
  • 1 appartamento: 7543 Norton Ave, West Hollywood, 90046 CA
  • 4 acronimi: SoCo (South Congress, una delle vie più vive di Austin), WeHo (West Hollywood, zona di Los Angeles), NoLa (New Orleans, Louisiana), SoBe (South Beach, una parte di Miami Beach)
  • 2 fiumi (diversissimi): Colorado, Mississippi
  • 4 fusi orari: Pacific Time, Mountain Time, Central Time, Eastern Time
  • 12 cose da ricordare (faticosamente selezionate e messe in ordine): la Route 66 sepolta nel Petrified Forest National Park, i graffiti sulle case di Katrina, 12 km di corsa a piedi nudi sulla spiaggia di Los Angeles, Austin-tutta-Austin, la Route 66 nel deserto ad Amboy, le basi di lancio delle missioni Apollo, l’arrivo a Santa Monica col Pacifico là davanti, il cimitero di Williams, il mondo tutto art deco di Miami Beach, i viali alberati di New Orleans e sei subito a Via col Vento, il Cadillac Ranch di Amarillo, l’arco di St. Louis
  • 1 tattoo: (the) lonely star (state)
  • 6 sorprese: St. Louis, Austin, New Orleans, Miami Beach, le birre, la copertura cellulare
  • 5 delusioni: Key West, la Florida in generale, il clima umido, la fine dei giornali, la faccia turistica di Albuquerque e Santa Fe

E adesso che ho visto (quasi) tutta l’America e (quasi) tutti gli Stati e (quasi) tutte le grandi città? Continuo a essere innamorato senza riserve di San Francisco, New York resta fuori concorso e categoria, l’Arizona lo stato più bello (dopo le Hawaii), il clima a Los Angeles fa la differenza, il Midwest è un inferno, se avessi tra 18 e 28/30 anni (e un cane) andrei ad Austin per la musica e perché si ascoltano nell’aria innovazione idee cose così, in Florida sorge il sole ed è un immenso parco naturale ma ha poca personalità l’oceano è troppo troppo caldo e ci sono troppi troppi vecchi però la Miami Beach tutta art deco vale da sola il viaggio, Chicago è la città più bella degli Stati Uniti e New Orleans è un gioiello commovente e i segni di Katrina non te li dimentichi più, la crisi economica di questo Paese un’esperienza quotidiana e continua perfettamente rappresentata dagli all-you-can-eat cinesi a 9,99 dollari che stanno invadendo tutta la provincia (e fa tenerezza e paura vedere gli americani costretti ad accettare un cibo in qualche modo straniero pur di mantenere vivo il loro modello basato sull’abbondanza estrema sul large big tall maxi super).

Luoghi abbandonati come i motel e le stazioni di servizio e gli agglomerati urbani sulla vecchia Route 66, tagliati fuori da nuovi percorsi delle strade, che portano la gente lontano e fanno morire piccole attività o intere comunità; è vero che i grandi spiazzi pieni di motel e stazioni di servizio ci sono anche adesso, ma sono appunto cose col nulla attorno, manca il nucleo urbano. E poi molti di questi nuovi luoghi sono anch’essi abbandonati, a loro volta tagliati fuori da nuovi itinerari, dalla recessione forse, dagli aerei.
Luoghi abbandonati per la crisi, tanti, in tutto il Paese. Cartelli di vendita, affitto, cessione di attività commerciali. Non è solo che chiude un deli o una laundry, è che per un Paese tutto basato sul commercio quando iniziano a chiudere gli esercizi commerciali inizia a morire tutta la zona. Si vedono un sacco di questi isolati con spazi dove una volta c’erano negozi e attorno case e palazzine abbandonate a loro volta. Non solo per la crisi, da New Orleans andando verso est si attraversano le zone dove sono passati gli uragani Katrina e Rita e anche qui si riconosce il meccanismo: la gente va via, chiudono le attività, la gente va via. E tanti abbandoni anche nei posti di villeggiatura lungo tutta la costa della Florida. Ogni tanto mi dicevo: “bella questa cosa abbandonata, ora la fotografo” pensando di essere ancora sulla Route 66, invece ero da un’altra parte.

Abbandonati i giornali, che sono semplicemente spariti. Non se ne vedono più, la gente non li ha in mano, nei supermercati sono nascosti quasi come le sigarette (ah, secondo me stanno fumando di più gli americani, ma non ho guardato dati è un’impressione così a occhio), non ci sono in spiaggia. Perfino negli aeroporti stanno sparendo le pareti piene di riviste. Dei quotidiani manco a parlarne, forse si salvano ancora i libri. Tutto ciò sostituito da…? Certamente smartphone e tablet, ma non basta. Nel senso: ancora non si vede la cosa che sostituirà i giornali, sempre ammesso che possa mai esistere.

Le persone gentili sono loro, gli americani. Non è che sia una novità, ma appunto adesso ho visto (quasi) tutto e loro sono così (quasi) dappertutto. Gentili, poi, non è nemmeno quello, è la predisposizione positiva ai rapporti umani, è sorridere e salutare le persone che si incontrano per strada (ma non in ascensore, e quando mai capirò perché), è fermarsi sempre e comunque se ti vedono in difficoltà. Le persone gentili perché guidano in modo sereno, perché per strada non ti senti mai in pericolo, perché non sono mai isterici. Poi non è solo gentilezza, è quel modo di essere informali: gli uomini americani di tutte le età con i pantaloni corti e una maglietta a qualsiasi ora del giorno e della sera, che cercano di metterti sempre a tuo agio. Un’espressione che ho sentito tante volte in questo viaggio: to be down to the earth. Ecco: così.

E inoltre: