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Il mio 2011, perché centoquaranta caratteri non bastano

e la conosci questa sensazione / questo senso di vuoto senza una ragione

È stato l’anno iniziato con la gente vestita di bianco sulla spiaggia di Rio e di quei giorni pieni di sole e di pioggia e di caldo che mi son portato dentro per tutti gli altri mesi e anche adesso, l’anno dei tatuaggi e del gusto di fare un regalo al proprio corpo, l’anno della riscoperta di Milano e della politica e della partecipazione e un maggio fantastico ed emozionante con tante persone belle, l’anno di un nuovo lavoro e cose da imparare e il confronto con esperienze diverse, l’anno delle stagioni che ci sono state per davvero e una primavera di luce e anche l’autunno mite e nebbioso, l’anno in cui non ho guardato nemmeno una partita di calcio e ho buttato la televisione e adesso non capisco molte delle cose di cui la gente parla, l’anno di un viaggio lungo e solitario per le strade d’America pensando di trovare anch’io la mia e mi sa che ho proprio bisogno di un navigatore, l’anno di allegre pattinate per la città e di ritorni a casa a tarda notte senza aver imparato a frenare e grazie perché qualche volta qualcuno mi ha raccolto per strada, e “strada” lo continuo a scrivere perché è stato il suo di anno, l’anno di un certo distacco dal mondo e forse dalle persone e la consapevolezza di essere considerato a volte uno snob o uno stronzo perché non ci sono non mi faccio sentire non rispondo, l’anno di un’altra nuova casa e magari è quella giusta perché è come stare lontano da tutto ma tutto è poi molto vicino e i vicini sono davvero matti, l’anno di nuove abitudini e pensare che le odio le abitudini e poi ci casco sempre, l’anno di tante conversazioni sparse di qua e di là e a volte l’ho trovato esaltante e altre volte faticoso e snervante con la voglia di prendere due tazze di tè appoggiarle sul tavolino e regalarsi un paio d’ore di fila di parole senza distrazioni, l’anno delle cravatte strette e corte, l’anno di alcune cose veramente stupide fatte senza pensarci e se non le voglio scrivere è perché in fondo ci penso sempre e vabbè, anche per questo l’anno in cui avrei dovuto imparare a perdonarmi, l’anno passato a leggere le cose del mondo su Twitter e a immaginarmi come potevano essere certe piazze e certi momenti.

e la conosci quella tentazione / quella voglia di fuggire senza una ragione

Ma è stato soprattutto l’anno della bici e se la nomino solo in fondo ci sarà un perché: il piacere intimo di fare una cosa solitaria a tratti, con tante persone attorno il più delle volte e persone così diverse tra loro e il senso di appartenere a una tribù che sta cambiando la città e lo sta facendo con gesti semplici e con le gare e con le gite e con i pomeriggi ad armeggiare con telai e corone. Insomma, grazie.

e la conosci bene questa sensazione / è una specie di ottimismo senza una ragione

Brunori Sas – Una domenica notte

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