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Milano, inquinamento alle stelle: usate la bicicletta per abbassarlo, poi ricominciate a usare l’auto finché non arriviamo di nuovo al limite

Oggi e domani a Milano il bike sharing è gratuito: una misura contro l’inquinamento che in questi giorni sta superando i limiti di guardia.

C’è qualcosa di beffardo e irritante in questa misura. Un provvedimento beffardo per chi usa la bici (o va a piedi o usa i mezzi) tutti i giorni, tutto l’anno, e subisce le conseguenze del comportamento di chi, invece, usa l’automobile anche per fare 500 metri: basterebbe che il 30% di quelli che non hanno reali necessità di spostarsi in macchina facesse scelte alternative per avere un’aria migliore, strade più libere e quant’altro, tutte cose ovvie che sappiamo tutti.

Ma soprattutto è un provvedimento irritante perché la bici sembra essere scoperta all’improvviso, una carta da giocarsi come mossa disperata, dopo che in questi anni poco o niente è stato fatto per costruire una città diversa. Perché la bicicletta o la mobilità dolce o un nuovo assetto degli spostamenti e degli spazi – chiamatelo come volete – non è mai entrata davvero nella cosiddetta agenda politica, ma è sempre stata affrontata come il tema di singoli assessorati. Eppure ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che per invertire i rapporti, per rendere davvero significativo il numero di spostamenti che avvengono con mezzi diversi dall’automobile non si passa tanto per le piste ciclabili o le rastrelliere o il car sharing o le Zone30 a macchia di leopardo, bensì per un nuovo progetto di città, dove il tema della mobilità e degli spazi per le persone sia al centro.

Invece si fanno le domeniche a piedi e poi si annullano se piove (messaggio che arriva: col brutto tempo è indispensabile l’automobile), si fa AreaC e poi i “giovedì dello shopping” (messaggio che arriva: se devi fare compere serve l’automobile in centro), si fanno le Zone30 ma non sulle vie più trafficate (messaggio che arriva: qui vai pure a 70 km all’ora serenamente), si fanno mille altre cose ma sempre con l’idea di fondo che non bisogna disturbare troppo il guidatore. E d’altra parte ognuno di noi può testimoniare dal proprio quartiere la tolleranza assoluta che regna nei confronti degli automobilisti che si comportano in modo scorretto: velocità sconsiderate, nessun rispetto delle strisce pedonali, parcheggio in seconda fila, sul marciapiede, sugli scivoli (e anche su questo: ottime le nuove iniziative contro le barriere architettoniche, ma irritanti se poi non si ritira la patente o si sequestra l’auto a chi la mette “due minuti” sugli scivoli per andare a bere il caffè).

E per tanti messaggi ambigui che arrivano ce ne sono altri che invece non arrivano proprio: bambini investiti sulle strisce pedonali che sono passati via come se nulla fosse successo, “capita”.

Milano oggi è senz’altro amica delle biciclette, ma è quel tipo di amicizia da pacca sulla spalla, c’è quel tipo di attenzione quasi di maniera, quella che si riserva a qualcuno che ti è simpatico, ma che in fondo non consideri davvero importante, come quando stai parlando con una persona e poi ne arriva un’altra che ti interessa veramente e ti precipiti subito da lei. Ecco, è così: Milano crede ancora che l’automobile sia il centro della vita cittadina, il motore della sua produttività, l’elemento indispensabile per lo sviluppo del commercio e dell’economia. Salvo poi chiedere, per favore, di usare la bicicletta quando le conseguenze di quell’azione (o non azione) politica portano il Pm10 oltre la soglia.