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Quelle bici intorno a me, di notte e di giorno: storie di gioco e impegno

Se chiudo gli occhi mi sembra di vederli lì davanti anche in questo momento: i ragazzi sui roller che disegnano gimcane sulle strisce della carreggiata, le Bmx che saltano su e giù dai marciapiedi, gli skateboard che ballano con la loro musica o con la mia. Non ci sono macchine, ci sono circonvallazioni libere, viali silenziosi, angoli nascosti di Milano dove non c’è nessuno. Ci sono loro, ci siamo noi. È la fotografia delle notti di Critical Mass, con tanta gente che gioca per la strada. Sono spazi che si sono magicamente liberati perché il resto del traffico è alle spalle e la gente fuori dai bar prima non capisce come mai all’improvviso sia tutto così silenzioso e poi arriviamo noi e forse capisce o forse no, ci guarda, sorride.

Ci ritagliamo un pezzo di città come ci piacerebbe fosse più spesso, poi ognuno lo fa con le proprie motivazioni, che non sono tutte uguali. E nemmeno le mie son sempre le stesse, però quella fotografia che mi resta sempre più impressa, giovedì dopo giovedì, mi fa pensare a quanto sia fertile il clima che si crea attorno a quel semplice giro in bicicletta. Fertile perché da quei giovedì di Milano sono nate tante cose, direttamente o indirettamente, perché si sono consolidate abitudini, stretti rapporti, coltivati sogni e realizzate idee. E dalle idee ai progetti e alla loro attuazione il passo è stato spesso breve.

Giocare per strada, anche da adulti: forse il segreto è tutto qui.

Se poi tengo gli occhi chiusi e li riapro mi ritrovo davanti un’altra fotografia, completamente diversa: c’è la luce del mattino, ci sono le stesse circonvallazioni però piene di automobili ferme, ci sono donne e uomini nervosi dappertutto. E parlano al telefono, e sono vestiti bene. Stanno correndo da qualche parte, o almeno vorrebbero. Ma ci sono anche delle bici, molte di quelle che ho visto la notte precedente. E sopra quelle bici ci sono persone che vanno all’università, a lavorare, a cercare un lavoro. Ma giocano ancora, perché sanno ancora come si fa. Lo hanno imparato da piccoli, lo hanno ricordato un qualche giovedì sera, e hanno appena fatto un giro sulle giostre con i bambini di massa marmocchi.

La fotografia è diversa, ma davanti a me ci sono sempre delle biciclette, sulle strade verso una scuola o su quelle dei ritorni. Non son cose che succedono a caso, prima ci sono state tante chiacchiere su qualche chat – “e domani chi c’è?”, “alle 7:30 in San Babila?”, e tante telefonate all’alba per la sveglia. Però poi quasi per caso ci ritroviamo tutti insieme andando verso il parco vicino alla scuola e altrettanto per caso salutiamo chi, al ritorno, gira da una parte e chi va verso il centro o un’altra periferia: mentre li saluto mi sembrano così diversi dagli altri, da quelli chiusi in qualche automobile, mi sembrano così belli e mi sembra che possano portare qualcosa di speciale in quello che stanno andando a fare, e quindi, in definitiva, alla comunità nella quale vivono e studiano e lavorano.

Insomma, quando torno a casa il giovedì a tarda notte o le mattine presto di massa marmocchi ho sempre davanti queste due fotografie, che dicono di amicizie e impegno e gioco.