Avevo tentato di raccontarlo un anno fa, di ritorno dalle frequenti trasferte in terra greca: si respira un’aria frizzante ad Atene. Ho sempre avuto la sensazione di essere in un luogo magico, un po’ per l’enorme passato di una parte piccola, piccolissima di questa grande città (che è diventata una metropoli solo nei primi decenni del 1900), un po’ per il bel presente di tanti quartieri poco turistici. È certo una caratteristica comune a molte città del “sud”, a partire da Roma, ma la gente per strada la sera, le strade invase dai tavolini dei bar e dei locali, la voglia di stare in giro, di uscire, ecco tutte queste cose colpiscono e molto un milanese poco abitutato alla vita dei quartieri. E, tuttavia, non poteva essere solo una sensazione individuale, il peso delle Olimpiadi si sentiva già un anno fa: la sensazione di essere al centro di un movimento che stava cambiando e avrebbe cambiato Atene per prima, ma la Grecia tutta in generale.
Gli articoli dedicati alla capitale greca si sono sprecati in questi dodici mesi, con due temi su tutti: la movida ateniese e i ritardi nella costruzione delle opere per i giochi olimpici. Sulla prima posso dire che dopo aver visto Madrid, la trovo più vicina a me: meno frenetica, probabilmente meno alcolica, un po’ più rilassata e vivibile. Sui ritardi, una conferma di quella simpatica capacità di improvvisare che rende tutto un po’ meno perfetto: le gare di nuoto si stanno svolgendo in un impianto all’aperto perché non hanno fatto in tempo a costruire la copertura.