Il cibo tradizionale islandese non è così cattivo come si potrebbe pensare, e alcune ricette sono molto gustose.
L’unica clamorosa eccezione è l’hákarl, carne di squalo putrefatta tenuta sepolta anche sei mesi perché sia decomposta a sufficienza.
Sono leggermente migliori l’hrútspungur, testicoli di montone tenuti a bagno nel siero di latte e poi pressati fino a formare una torta, e la testa di pecora (completa di occhi) bruciacchiata, segata a metà, bollita e mangiata fresca o in salamoia.
Si può anche provare lo slátur, un miscuglio di frattaglie di pecora insaccate in un budello e poi bollite.
Ci sono anche piatti meno bizzarri: eglefino, bleikja salmerino, lundi (pulcinella di mare) e, se non si è contrari a mangiarle, grasso e bistecche di balena e carne di foca.
Questo è quanto pensano quelli dell’Associazione amici dell’Islanda; vado verso 7 giorni di digiuno.
Update: mi correggo sulla fonte, il testo è stato evidentemente tradotto dalla Lonely.