La buona notizia è che vedo partire un dibattito, una discussione sul precariato anche all’interno delle strutture burocratiche del giornalismo italiano, con qualche piccola possibilità che la cosa assuma dimensioni politiche più consistenti. Nel caso accadesse sarebbe certamente merito anche di Paola Caruso.
Paola Caruso che, però, mi dicono non possa essere definita una precaria; mi risulta che abbia col Corriere un contratto di collaborazione (come ce ne sono a decine in ogni giornale italiano di qualsiasi genere e tipo), cioè viene pagata per le cose che scrive, e che abbia fatto delle sostituzioni maternità (una, due, tre?) regolarmente iniziate e finite. Insomma, una collaboratrice e non una precaria.
Paola potresti dirci come stanno le cose? Anche ignorando per il momento la massa e parlando alla nicchia che può capire la differenza tra un contratto e l’altro e che può capire che cosa significa stare dentro oppure attorno a un giornale.