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Due brave e buone ragazze

Feltri mi ha rubato il titolo giocando anche lui sulle donne e sui bambini. Strano, credevo di essere stato così tanto originale. Comunque non è per questo che riporto l’editoriale di oggi di Libero, è solo per averlo, perché secondo me bisogna imparare a non dimenticare non solo le stragi, i rapimenti, le guerre e quant’altro; bisogna imparare a non dimenticare anche le parole che sono state dette e scritte su quelle stragi, quei rapimenti e quelle guerre.

VITTIME DEI PACIFISTI di VITTORIO FELTRI

Retorica e teoria del piagnisteo vorrebbero si dicesse a questo punto oscuro (ma quando mai è stato chiaro, il punto?): dopo i bambini, le donne. Già, le donne. È la prima volta che i bravi ragazzi della resistenza irachena mettono le mani su carni femminili, e il destino (che non è cieco, anzi ci vede benissimo) ha voluto che fossero carni nostre, italiane. Due ragazze, Simona Torretta e Simona Pari, entrambe meno di trenta anni, di Roma e di Rimini. Due brave ragazze buone dentro e generose di fatto. Questo bisogna riconoscerlo. Tuttavia, sincerità per sincerità, se fossero state mie figlie le avrei prese a schiaffi. Cosa ci andate a fare a Bagdad, a convincere quella gente che la vita è bella nonostante i guai? Ma fatemi il piacere. Non muovetevi da casa altrimenti… Altrimenti un corno. Sono partite per la missione più pericolosa del mondo. La testa imbottita di ottime intenzioni e di luoghi comuni pacifisti e noglobalisti. Sicuramente in buona fede, mosse da sacro fuoco, desiderose di aiutare il prossimo eccetera. Ma perdio quanta stupidità, quanto infantilismo, quanta ingenuità. Ce ne hanno dette di tutti i colori per le critiche a Baldoni, piombato nel deserto alla ricerca di emozioni e brividi. Figuriamoci ora che esprimiamo giudizi su due fanciulle scriteriate nel loro bisogno di assistere l’umanità ferita e sgarrupata del vicino Oriente. Pazienza. Becchiamoci le lezioni moraleggianti che ci spettano in questa triste circostanza. Preferiamo comunque strali nella schiena piuttosto che abbandonarci all’ipocrisia dilagante nel nostro quanto in altri Paesi illusi di poter raddrizzare le gambe dei cani.

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