La lavatrice, stirare quella maglietta che non si è rovinata nonostante il sale, caricare qualche foto su Flickr, quel post sul sorriso dei balinesi che devo scrivere prima di dimenticarlo, Milano così luminosa, i nuovi vicini che fanno casino fino alle cinque, gli appuntamenti su Outlook che oramai sono vicini, la batteria del MacBook che è morta, la batteria della mia macchina che è morta, quel pesto dove avevo messo troppo aglio, tra poco gioca l’Inter chissà come sarà messa in campo da Mou. Questa è stata un po’ la giornata di ieri, fino a quando non mi sono accorto che era il 24 agosto: mamma avrebbe compiuto 75 anni. Il suo compleanno segnava sempre la fine dell’estate e nonostante tutto, cioè nonostante il numero di candeline aumentasse, lei ci teneva molto a festeggiarlo, come teneva a tutti i compleanni, e naturalmente al mio più di tutti; però solo dopo le sei di pomeriggio, perché prima non eri mica nato
. Del suo ultimo compleanno conservo anche le ultime foto belle, quelle che vale la pena cercare di ricordare: era elegantissima quella sera, come sempre e forse un po’ più di sempre, con quella tunica di lino bianco e quella spilla coloratissima. “Alta bigiotteria” diceva lei, ridendo.
No, non sembrava proprio che sarebbero stati gli ultimi giorni e no, non sembrava proprio reduce da quei tre mesi di chemioterapia.
Lei quella sera era bellissima e tutto era perfetto: quel suo invito finalmente sincero per far venire anche s. e poi b., presente – come sempre. Quella sera io ci guardavo a tavola, vedevo le candeline su quella Sacher che avevamo comprato apposta a Salisburgo, e vedevo una famiglia: attorno a una piccola torta al cioccolato c’erano un sacco di affetto, di commozione e di emozione.
No, non scrivo famiglia tra virgolette: sono le persone che amo. Senza virgolette, ma casomai con le lettere maiuscole e i punti esclamativi.