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Il potere di Milano: provincializzare

Fino a oggi pensavo che il Salone del Mobile – e, soprattutto, il Fuori Salone – fosse l’unico evento ancora in grado di trasformare Milano da capitale de facto dello Stato più provinciale d’Europa, in città viva, allegra, curiosa, piena di persone da tutto il mondo – aperta. Non so se il decadimento sia già iniziato lo scorso anno perché eravamo via, però so che quest’anno non è stata il Salone a trasformare la città, ma Milano a trasformare il Salone. Intendo: il provincialismo di Milano all’ennesima potenza.
Io ricordavo un Fuori Salone effettivamente sparpagliato per la città, con tanti angoli, viette, piccole zone che improvvisamente si illuminavano di persone, idee e curiosità. Mi ricordavo di tanti stranieri in giro con mappe, guide e giornali a cercare quel negozio, quella galleria, quel particolare luogo. Adesso invece mi sembra tutto molto confinato nella famigerata Zona Tortona, che con la Fiera si è trasformata in una baracconata a cielo aperto – e chiuso. Fiumi di persone a riempire queste vie strette, baracchini con la porchetta come fuori dallo stadio, bar con quelle pizzette plasticose in vetrina. Madonna santa. Per non dire poi della gente, della montagna di finti architetti e presunti designer, tutti omologatissimi, con lo stessa ricerca affannosa dello stile come filo conduttore. Tutte persone del tutto prive di stile, ahimè.