Le coccole di solito sono quelle degli amanti, degli amici più cari, dei parenti. Sono carezze, abbracci, baci. Sono logiche, attese, a volte scontate, sempre necessarie. Indispensabili, meglio. Ci sono, però, anche coccole che non ti aspetti o che non conosci, e che ti lasciano sempre un po’ sorpreso. Se puoi avere quelle indispensabili e anche quelle sorprendenti, è davvero bello.
L’altro giorno in ospedale, mentre mi preparavano per l’intervento, mi sono accorto che c’erano cinque persone che si stavano occupando di me. Non erano baci o carezze, era il loro lavoro. Una ragazza sudamericana mi ha infilato un ago nella vena e ha montato tutto l’accrocchio per le flebo; un’altra ragazza orientale mi ha attaccato una serie di piccoli cerotti con dei sensori, sulla spalla, sul petto, sulla gamba, sulla schiena, sulla caviglia e da qualche altra parte; una giovane donna penso filippina mi ha preso dolcemente le mani e poi i piedi e li ha accompagnati nella giusta posizione sul lettino; l’anestesista indiana mi ha prima passato sulla schiena un disinfettante, poi mi ha messo un enorme cerotto, e infine mi ha bucato prima per iniettare un antidolorifico locale, che serve per non sentire l’ago dell’anestesia spinale, che ha usato subito dopo; infine un ragazzo dell’est mi ha attaccato un aggeggio sul dito e il bracciolo per misurare la pressione. Tutti più o meno insieme, tutti più o meno sorridendo, comunque tutti molto affettuosi. Affetto anche nelle parole, in un misto di stili e accenti e toni: “è comodo?”, “hai freddo?”, “non si spaventi”. Insomma, mentre ero lì un po’ stordito dagli eventi e abbastanza spaventato dalle circostanze (ecco, non è che una sala operatoria sia precisamente uno dei miei luoghi preferiti), mi sono ritrovato a pensare che c’era un sacco di gente che si stava prendendo cura di me. Quando poi sono arrivati anche il chirurgo e il suo assistente, la festa è stata davvero completa.
Persone diverse, alcune sconosciute, altre conosciute appena, insieme a tanti amici mi hanno fatto sentire più o meno nello stesso modo aprendo la mia pagina su FriendFeed. Non ci vuole niente a premere un “mi piace” e non ci vuole niente a dire “in bocca al lupo”, in qualche modo si tratta del lavoro di quelli che stanno sulla tua pagina; anche loro, però, si stavano occupando di me, mi stavano dedicando qualche secondo.
Il movimento armonico di quelle persone in sala operatoria, lo scorrere dei saluti e dei messaggi e degli abbracci nella mia pagina: sarà che sto invecchiando, ma io mi sono sentito coccolato. Quindi, ecco: grazie.