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Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi

Marco, ti candidi?

Ma tu ti candidi? È stata una domanda ricorrente in questi mesi ogni volta che si parlava anche lontanamente di politica. Una domanda che non capivo mai se posta con entusiasmo o preoccupazione. Chissà.

Mi candido? Davvero non lo so. Però la domanda mi ha fatto riflettere sulle prossime elezioni e su quelle passate, ho provato a mettere in fila una serie di cose che sono successe e a mettere a fuoco temi che ai tempi mi erano sfuggiti.

Non voglio ripercorrere i giorni e le ragioni della mia candidatura del 2016, Alessio ha già raccontato tutto benissimo in un post (Dalla promessa al prototipo. La campagna Marco Mazzei X Milano. 1000 voti x la felicità urbana) e quindi se a qualcuno dovesse interessare sapere che cos’è successo e perché trova tutto lì, ma voglio al contrario raccontare perché per me è stato un momento straordinario e di conseguenza perché credo sia difficile si possa ripetere.

Partiamo da come sono io: mi piace essere indipendente, quindi non dipendere dagli altri, non ho mai avuto paura della solitudine, anzi spesso la cerco, alterno e combino spesso e volentieri timidezza e riservatezza, chiedo raramente aiuto (fosse anche solo un’indicazione stradale, e infatti: mi perdo), mi dà fastidio disturbare le persone. Inoltre, qualcuno (ciao Luciano) tempo fa mi disse che ero il classico stundaio (secondo la definizione di Eugenio Montale):

Atteggiamento tipico di orgoglio e timidezza, misto a diffidenza. La pratica quotidiana del mugugno, un certo complesso di inferiorità nei confronti dell’altro, bilanciato dal senso di superiorità morale.

Ecco, provate a prendere queste caratteristiche e a metterle dentro una campagna elettorale dove bisogna continuamente raccontarsi, esporsi, stare in mezzo alle persone, chiedere un gesto pazzesco come quel segno su una scheda elettorale. Sul momento, nonostante tutto, non è stato così complicato – a parte l’impaccio di alcuni discorsi pubblici e la totale incapacità di stare davanti a una telecamera – forse l’adrenalina di un contesto del tutto nuovo, forse l’emozione di fare qualcosa per la propria città, forse l’incoscienza della prima volta.

Dopo, però, è arrivato il conto. Nel senso che ho impiegato molto tempo a riprendermi da quello sforzo e molto per cercare come poter ringraziare tutte le persone che mi avevano accompagnato e sostenuto e anche coccolato e poi votato: non l’ho trovato, almeno non fino a quando ho pensato a qualcosa che assomigliasse a un semplice grazie.

Una lampadina si è accesa in modo casuale qualche tempo dopo. Stazione di Tirano, treno per Milano, domenica sera, dopo una giornata in bicicletta nei sogni dell’Alta Valtellina. A un certo punto si aprono le porte e sale un ragazzo, un giovane ciclista tutto preciso con una bella bici e una bella faccia. Mi guarda, e poi dice: “Io ti ho votato”.

Sul momento quel solito misto di imbarazzo ed emozione, poi chiacchiere di politica e di bici fino all’arrivo in città. Baci, abbracci, mi ha fatto piacere conoscerti, ciao. 

Stefano, questo il nome del ragazzo con la bici, è stato uno dei miei elettori-tipo: un giovane professionista, la bici come gesto non ideologico ma radicale nella sua essenzialità, la voglia di dare un contributo di sostanza alla propria comunità.

Così con il passare del tempo mi sono fatto una fotografia di Stefano e delle altre e degli altri, arrivando a scoprire una città meravigliosa. Una comunità speciale dentro questa città. Quando me li sono fatti passare tutti davanti, Stefano e le sue sorelle, ho anche capito che cosa avrei potuto, e soprattutto dovuto, fare per ringraziarli della fiducia: portare avanti i temi – non le chiamo battaglie, per i quali mi ero impegnato, sui quali avevo chiesto il loro sostegno e il loro voto. Non ero stato eletto, ma avrei dovuto farlo comunque. Almeno provarci.

Da quel momento di consapevolezza è iniziata una fase nuova fatta di molti tentativi per trovare le strade e i modi giusti. Devo dire che forse mi sarei aspettato qualcosa in più dalla politica milanese: quando un portatore di interessi che si presenta alle elezioni viene votato da così tante persone dovrebbe essere chiamato a dare un contributo e non essere costretto a inventarsi da solo un modo per portarlo. Lo dico più che altro come appunto per il futuro: se vogliamo che in tante e in tanti si mettano in gioco, come secondo me sarebbe bellissimo succedesse, poi dobbiamo sostenerli anche nella vita reale, quella dopo la campagna elettorale. Non so come si possa realizzare nella pratica, segnalo però che non tutti incontrano poi Stefano in treno a Tirano e quindi magari poi ce li perdiamo, perdiamo loro e le loro idee e le loro comunità.

Tutto questo per dire che fino a oggi ho fatto tutto quello che potevo per portare avanti i temi del 2016: proposte, interventi, progetti, e-mail, telefonate (anche telefonate sì!), ho alzato la voce, organizzato pedalate, diffuso informazioni, condiviso idee. Ho risposto a centinaia di sollecitazioni, richieste, inviti – a molti non sono riuscito a rispondere e mi dispiace. Ho cercato di esserci sempre per le esigenze delle comunità che mi avevano scelto. Poi che questo impegno sia servito a qualcosa non lo devo dire io, posso però dire che tante cose intuite nel 2016 e identificate come elementi di felicità urbana sono poi successe per davvero. La pandemia ha accelerato certi processi, ma quelle tendenze erano già in corso. La bicicletta, naturalmente, ma in generale il tema degli spazi e questa idea dei prototipi: che cos’è l’urbanismo tattico, che abbiamo visto crescere e incidere sugli spazi, se non un prototipo?

Noi avevano fatto un sogno davanti a Pavé, togliendo per qualche ora le automobili e mettendoci le persone (era il 2016, eh!)

poi quel sogno è diventato realtà davanti a tante attività commerciali – e davanti a Pavé oggi c’è una rastrelliera per le biciclette

grazie alle scelte coraggiose dei ragazzi che hanno fondato la pasticceria e anche grazie a un po’ del mio impegno.

Ma le visioni e i sogni di quella comunità erano anche altri, per esempio via Lecco:

andate a vedere com’è oggi.

Oppure corso Buenos Aires:

OK, non è proprio così, ma insomma ci siamo capiti.

Poi la questione della velocità e delle reti: far andare più lente le automobili e più veloci le connessioni digitali, i quartieri come centro della città, uno scambio continuo di esperienze tra generazioni. Abbiamo lanciato temi dei quali non si parlava, adesso se ne parla.

AbbracciaMI è arrivato dopo, un progetto nato per caso, che è cresciuto e cambiato e ha preso altre forme ma che oggi inizia a essere concreto e visibile: ci sono i primi cartelli dedicati alle bici in città (ripeto: i primo cartelli dedicati alle bici) e c’è un sacco di gente che pedala su AbbracciaMI. Persone di ogni genere, come piace a noi.

Insomma: alcune cose sono successe, io ci ho provato sempre. Poi giudicheranno Stefano e le altre.

E ora? Ora sono passati cinque anni, ci sono stati momenti nella mia sfera personale (no, Quell’Altro non c’entra, anzi) che hanno lasciato qualche ferita profonda – e ancora sto capendo se si è davvero rimarginata, c’è stato il 2020 e abbiamo un mondo da costruire. Io non sono cambiato molto, anzi semmai peggiorato: sono diventato ancora più orso e a tratti addirittura più scontroso. Possibile? Possibile.

Quindi la domanda è: ce la farei, avrei ancora l’energia che serve?

La Milano ferita di questi giorni mi fanno venire proprio voglia di fare tutto quanto possibile per guarirla e questo anno così pesante richiede una grande dose di leggerezza, e quanto mi piacerebbe vederla ripartire così:

Prendete la vita con leggerezza. Che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore. […]

La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso. 

Italo Calvino – Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio

D’altra parte avrei anche già in mente un nome per la campagna elettorale, grandi temi da lanciare, un paio di proposte forti, radicali e orientate al futuro. Cose che erano qui tra un quaderno e una scheda di Trello.

Questo è più o meno il punto dove sono arrivato io, però quando sarò riuscito a rispondere ad alcune delle domande che mi sto facendo mancherà la risposta a quella più importante: voi che dite?

Mi piacerebbe davvero sapere che cosa ne pensate, non tanto se mi votereste, che non è importante, ma se la mia candidatura potrebbe servire alla città, in particolare a un certo modello di città. Se avete voglia di commentare qui o sui social o di scrivermi (marcomazzeixmilano@gmail.com) lo apprezzo.