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Milano: dopo la periferia, la voglia di starci dentro (storia di un altro trasloco e della città che sarà)

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Ciao periferia, vado in centro.

Se dovessi dire che non mi è dispiaciuto lasciare la mia casa nei loft di via Tucidide direi una bugia. Di quel posto mi sono innamorato a prima vista qualche anno fa e tutta l’Ortica è stata per me un angolo speciale di questa città, come ho cercato di raccontare a We Like Milano.

Perché mi sono sempre piaciute le periferie e perché quel villaggio alle porte di Milano era pieno di cose e di idee e di fermento. Poi le cose cambiano e le idee le portano le persone, e poi le persone se ne vanno e ti resta un ponte dal quale vedi la città, prima di entrarci. Ecco, mi è dispiaciuto andare via ma sono contento di averlo fatto perché adesso ho bisogno di stare dentro la città, non semplicemente guardarla dal cavalcavia Buccari.

Stare dentro Milano, vivere a Milano: il posto dal quale ho sognato spesso di scappare e che adesso mi sembra invece uno dei migliori dove stare, o comunque uno dei migliori per me.

Anni fa mi capitava di scrivere spesso delle città che visitavo, e di tenere una classifica: i posti al mondo dove mi sarei trasferito subito, senza pensarci nemmeno un secondo. E quell’elenco voleva anche dire: ovunque piuttosto che qui, (quasi) qualsiasi posto è meglio di Milano. Se guardo oggi la lista e penso alle vie e alle strade e alle piazze del mondo che ho visto nel frattempo, ecco: le cose cambiano. Io sono cambiato e forse anche Milano è cambiata con me.

Prenderei senza esitazioni un biglietto solo andata per San Francisco (e forse New York, dovendo cercare un facile compromesso con quell’altro), però per il resto – ecco: Milano è diventata la mia città. Non so dire esattamente quando è successa questa cosa, certamente c’è stata una miccia accesa da Alessio, che Milano l’ha raccontata e vissuta anche per me (un momento di svolta fu quando andò a visitare l’Oasi delle farfalle: prima ho riso un sacco, poi ho pensato che io nemmeno sapevo dove fosse questa oasi – e come facevo a giudicare la città dove abitavo da 40 e passa anni senza conoscerla nei minimi dettagli, farfalle comprese?); quando una persona con la quale hai una sintonia così naturale vede qualcosa in modo così diverso da te, c’è qualcosa che non funziona. Aveva ragione lui, e infatti dopo la miccia sono arrivate le bici e dopo le bici la campagna elettorale del 2011 e questi anni arancioni e la notte delle unioni civili e, infine, #BellaMilano.

Ma c’è qualcosa in più: Milano come città capace di cambiare. È questo che mi ha fatto venire voglia di viverci dentro: qui puoi avere delle idee, realizzarne altre – e poi le cose succedono.

L’ho capito con maggiore chiarezza nei giorni più difficili di questi ultimi anni, quelli che hanno preceduto l’apertura di Expo. Prima ci sono state settimane di bombardamento mediatico, che mi hanno fatto sentire parte di un ingranaggio che aveva come unica scelta quella di applaudire, di dire “bravi”. Poi c’è stata quella manifestazione drammatica del 1° maggio, con una parte di questa città abbandonata da tutti: saranno ragazzi difficili e tutto quello che si vuole, ma lasciare soli quei movimenti è stato un errore, che abbiamo infatti pagato. Poi ci sono stati i black bloc e quella domenica che per me ha rappresentato il punto più basso di sintonia con questa città: son passati tanti giorni, continuo a pensare con disagio al popolo degli spray sgrassanti e delle spugnette. Non mi sono mai riconosciuto nei NO-QUALSIASI-COSA ma ci sono parole che dovrebbero accendere qua e là delle lampadine di onestà intellettuale e farci uscire da questa logica della claque a ogni costo, parole come BreBeMi – per dire.

Eppure proprio in quei giorni di conflitti e discussioni mi è venuta voglia di saltarci dentro, alla città. Proprio per non lasciare troppo spazio a quell’anima perbenista e bacchettona che si era manifestata così chiaramente in quella domenica di muri puliti.

Adesso che Milano è diventata così bella dobbiamo cercare di renderla più accessibile, davvero da tutti i punti di vista: che chiunque in qualsiasi condizione e con qualsiasi mezzo a trazione umana possa andare dappertutto e che i posti più fighi non siano tutti necessariamente fighetti e costosi. Stare dentro Milano per renderla leggermente meno milanese, è questa la grande sfida: più gente dal mondo, più giovani, più cose, più opportunità.

Adesso che ci abito dentro sento anche il bisogno di conoscerla meglio: sto comprando praticamente ogni libro che ha Milano nel titolo, che poi basta leggere anche poco della storia di questa città per capire che si può fare. OK, torno al mio dizionario di toponomastica milanese.